Vent’anni fa decisi di cominciare, con alcuni amici psichiatri (Filippo Renda, Ivonne Donegani e altri) l’avventura di Arte e Salute. Le ragioni per cui si fanno scelte di questo tipo sono molte, naturalmente. Se dovessi dire, dopo tutti questi anni, qual è stata per me la più importante, direi: il desiderio di uscire dagli steccati e dalle misure protettive che stanno intorno alla nostra produzione teatrale e culturale e andare a lavorare in contesti e in situazioni che sembrano compromessi, di marginalità e disagio: vai e rigeneri e sostanzialmente crei, attraverso il lavoro teatrale, delle trasformazioni profonde nelle persone coinvolte e nei loro contesti familiari e sociali. L’integrazione culturale è uno dei compiti fondamentali che abbiamo da svolgere nel nostro futuro. E per l’arte teatrale, uscire dal suo guscio protetto e andare a scoprire nuovi territori è di vitale importanza.
La scelta di campo che noi abbiamo fatto fin dall’inizio dell’attività di Arte e Salute è stata quella di creare una opportunità per persone che normalmente sono escluse – non soltanto dalla produzione culturale, ma anche dalla possibilità di crescita e sviluppo personale – con l’intento di inserirli nel mondo del lavoro. L’ossatura, l’anima di Arte e Salute è la Legge Basaglia, alla quale ci siamo ispirati; e uno dei cardini di quella legge è il reinserimento delle persone, che vengono dimesse dalle realtà di cura psichiatrica, nel mondo del lavoro: creare opportunità di vita attraverso il lavoro.
Vi fu in quella fine degli anni Novanta una convergenza tra le mie inclinazioni artistiche e i cambiamenti nel mondo della psichiatria. Due percorsi paralleli: da un lato la mia esigenza artistica, interna al lavoro teatrale, che era quella di cercare nuove drammaturgie, nuovi racconti e nuovi soggetti, e anche nuovi modi di raccontare – per accostare anche un pubblico che non è mai andato a teatro e che lo ha sempre sentito estraneo ai propri interessi. D’altro lato il bisogno di alcuni psichiatri del Dipartimento di salute mentale di Bologna di costruire un’esperienza di lavoro per alcuni pazienti che, pur impegnati in qualche attività, non avevano mai trovato qualcosa che li soddisfacesse, soprattutto i soggetti con diagnosi psichiatriche gravi.
Ho sempre avuto la certezza di un fortissimo legame tra la sofferenza psichica e il cosiddetto disagio della normalità: il disagio (con le diverse sfaccettature che esso ha) ha un carattere trasversale alla società e alla quotidianità e investe in pieno i contesti della “normalità”. Attraverso il lavoro teatrale e gli aspetti simbolici che esso apre, ho cercato di lanciare un allarme, per così dire, generale – anche in chiave pedagogica – e politica: l’urgenza dell’impegno politico e culturale nell’arte e anche nella cura delle esistenze sofferenti; l’urgenza di riempire i vuoti simbolici lasciati dalla disgregazione sociale del nostro tempo; la stessa urgenza che ha portato alla nascita e all’esistenza di Arte e Salute.
Gli artisti corrono sempre il rischio di chiudersi nelle loro “forme”, di guardare alla produzione di arte e di cultura dall’interno di istituzioni protette. Questo ovviamente impedisce un confronto con nuovi soggetti, nuovi racconti: basti pensare alla quantità di immigrati che ci sono in Europa in questo momento e a quanto siano povere le loro istituzioni culturali e quanto sia assente la loro possibilità di esprimersi. La valenza politica di un lavoro creativo sull’esclusione sociale sta nell’occuparsi del disagio, non soltanto in quanto malattia, povertà, detenzione, ma in quanto esclusione da qualunque tipo di integrazione sociale e culturale. E’ un’esclusione che oggi pesa. Pesa su quelli che vengono esclusi ma, come ormai si può ben capire, pesa anche su chi li esclude. Lo stigma ed il pregiudizio hanno sempre una doppia valenza, una doppia direzione: sembrano funzionare come modello protettivo di una società ma sono anche molto pericolosi perché chi esclude ha alla fine gli stessi svantaggi di chi viene escluso.
Arte e Salute ha raggiunto l’integrazione dei suoi attori-pazienti non tanto attraverso il teatro, quanto attraverso il lavoro. E’ vero che abbiamo avuto successo con i nostri spettacoli, abbiamo fatto tournée in tutta Italia e nel mondo, fino al privilegio di lavorare in Giappone con Soteria… ma per le nostre persone sofferenti il lavoro ha rappresentato un modo di riconquistare ciò che in qualche modo è stato loro tolto; è stato riappropriarsi della partecipazione alla vita sociale, culturale e infine della loro vita e della possibilità di immaginare il proprio futuro, come cittadini e come artisti.
Non c’è dubbio che l’arte aiuti nella ricostruzione delle personalità sofferenti, non solo pazienti psichiatrici, ma anche donne e uomini disorientati dalla nostra società molto poco inclusiva. Ci sono periodi nella storia che disorientano – e il nostro non è certo il primo periodo di complessità e di profondi mutamenti – periodi in cui ci sono delle supplenze simboliche da fare, ora qua ora là e poi in un altro posto ancora. Una di queste supplenze simboliche è sicuramente riempire i vuoti che ci si creano intorno. Vedo la nostra come una civiltà che si sente assediata, come se noi vivessimo ed avessimo delle città con delle mura intorno. Intorno a queste mura ci sono gli esclusi, i poveri, gli immigrati, i matti, che vivono in sterminate periferie. Mentre all’interno delle mura ci sono delle vacuità, dei buchi creati da implosione sociale e culturale che diventano inevitabilmente dei vuoti simbolici. Questi vuoti vanno in qualche modo colmati; e vengono riempiti da supplenze. Se la politica, le istituzioni, gli ospedali non ce la fanno, non si occupano di colmare quei vuoti, se anche l’educazione, la scienza sono insufficienti, l’arte talvolta riesce a farlo.
Nanni Garella
私がフィリッポ・レンダ、イヴォンヌ・ドネガーニを始めとする精神科医の友人らと共に「アルテ・エ・サルーテ(芸術と健康)」という冒険的プロジェクトに繰り出すことを決めたのは今から20年前のことです。決意の背景には当然ながら様々な理由があります。私は長年、保護された環境から抜け出し、虐げられ、疎外された環境、不快感の中での演劇や文化制作をしたいと考えていました。文化を統合すること、それは私たちが今後取り組むべき重要課題です。劇場芸術においては、保護の殻を破り、新たな領域を見出すことが非常に重要です。
アルテ・エ・サルーテの活動開始以来、私たちは、日頃、文化的生産活動のみならず、個人としての成長や発展を遂げる可能性からも排除され、疎外されている人々に、雇用の機会を創出することを目指してきました。アルテ・エ・サルーテの骨組み、魂、私たちの着想の源となっているのは、精神科医療から解放された人たちを仕事の世界に再統合することを根幹とした法律、バザーリア法です。
1990年代の終わり、ちょうど私の芸術的嗜好が変化してきた頃、精神医学界にも変化が起き始めていました。当時の私の演劇芸術的ニーズとしては、新たな演出、ストーリー、テーマ、表現方法を模索し、これまで劇場に足を運んだことがない、演劇に関心のない観客にアプローチしたいというものがありました。一方、ボローニャ精神保健局の精神科医の方々もその頃、従事して満足のできる活動を見つけることができずにいた特に重度の精神疾患を持つ患者の方々に向けて、仕事をするという経験を提供したいと考えており、お互いの意向が同一線上に並んだ形となったのです。
正常であることの窮屈さや不自由さと精神的苦しみとの間には非常に強い関連性があると私は常に思ってきました。「正常」とされるものには常に、窮屈さや不自由さが表裏一体で存在し、それが社会や日常生活の中で様々な形で表出します。私はこの問題に対する教育、啓蒙、政治的な警鐘を、演劇作品とそこから描き出される象徴的なものを通して鳴らそうと努めてきました。芸術への政治的、文化的な取り組みの必要性、現代社会の崩壊がもたらした空洞を埋める必要性。アルテ・エ・サルーテはそこから誕生し、存在しています。
芸術に携わる者は常に自分の「表現形式」の中に閉じこもり、保護された組織の中から芸術や文化の産出を見てしまいます。これでは、新しいテーマや物語と向き合うことができません。現在ヨーロッパには移民が溢れていますが、移民たちは文化的教育を受けることも、自己表現の機会や手段を得ることもできていません。創作活動が政治的価値を持つには、こうした不自由を問題として取り上げることが欠かせません。不自由とは、病気や貧困、犯罪者として拘置をされるなどの状態からのみ生まれるものではありません。社会、文化から排除されることによるあらゆる種類の不快感のことを不自由と言います。こうした社会的排除の問題が現在、深刻になっています。排除を受ける側にとってそれが重くのしかかる問題であることはもちろんのこと、排除を行う側に立っている人にも暗い影を落としているのです。その点はもう理解に難くないでしょう。誰かに対して不名誉な烙印を押す行為や偏見をする行為には、常に二面的な性格があります。一見社会の保護モデルとして機能しているように見えたとしても、同時に非常に危険な行為でもあるのです。排除を行う側に立っている人も最終的には、今排除を受ける側に立っている人と同じ不利益を被ることになるからです。
アルテ・エ・サルーテでは、俳優と患者の存在を、演劇そのものというよりも仕事、雇用というものを通して統合することを実現してきました。公演が成功し、イタリアや世界各地でツアーを行い、日本でも東京ソテリアと一緒に仕事をする機会に恵まれたことは事実ですが、苦しみの中にあるメンバーにとって、奪われていたものを取り戻すための手段となったのはまさに職業というもの、そのものだったと言えます。
芸術は、精神科患者だけでなく、排他的な社会に翻弄され苦しむ万人の人格再構築に役立ちます。方向性を見失うほどに複雑で変化の目まぐるしい時代は歴史上これまでにもあり、現代が初めてというわけではありませんが、こうした時代には、あちこちで象徴的な置き換えが必要です。私たちの身の回りにできてしまっている隙間を埋める活動はその行いに当たります。私たちの文明は、まるで城壁に囲まれた都市の文明のように包囲された文明です。排除された人々、貧しい人々、移民、精神を患った人々は、壁の外の遥か遠いところに住んでいる。一方壁の内側には空洞ができています。社会的、文化的な崩壊によってできた穴のようなものです。その穴は必然的に何かを象徴する空洞となって見えてきます。この空洞を何とかして埋めなければなりません。埋めるためには何らかの代用品が必要となります。教育や学問が不十分で、政治、各種機関、病院等が社会の空洞を埋められない、あるいは埋めようとしないというときにも、芸術であれば、その役目を担うことができる場合があるのです。
ナンニ・ガレッラ
翻訳:門谷彩香